Canto del buio e della luce
La luce è scomparsa dalla Terra che, via via, sprofonda in un’oscurità senza fine. Non solo la Terra, però: l’intero universo, come in un inconcepibile big bang al contrario, è stato infatti avvolto da un inesorabile e misteriosissimo buio. Non è un collasso petrolifero, né la fine delle risorse energetiche: semplicemente, in modo assolutamente incomprensibile ma inarrestabile, ogni luce si è spenta. È solo un’ombra? E qual è la natura di questo buio? Sarà reversibile o la normalità è perduta per sempre? Mentre il narratore si pone queste domande, la quotidianità, come in una paradossale apocalissi priva di catastrofe, prosegue nell’oscurità allo stesso modo di prima: non si ferma, infatti, la guerra in Ucraina, con i massacri, le fosse comuni, le torture dei bambini e gli stupri; continua l’alienante routine dei lavoratori, dell’impiegata di banca travolta dalle procedure o dell’operatore del supermercato, che si ripete come un mantra le istruzioni del manuale del reparto gastronomia; proseguono le violenze quotidiane in famiglia, contro le donne, contro i bambini, contro i deboli… via via che si legge, ci si accorge che, in fondo, il mondo immaginario della finzione romanzesca non è tanto diverso dal mondo reale e in piena luce in cui si trova il lettore, immerso nel metaforico buio dell’assenza di un senso, di una direzione, di una razionalità del reale. Ma cos’è il canto che, tutto d’un tratto, sembra squarciare l’oscurità calata sul mondo? E davvero, come afferma un immaginario Vladimir Putin asserragliato in una capsula d’acciaio, il buio è il naturale esito dell’esistenza umana, “perché siamo tutti programmati così, noi umani sui quali adesso è calato il buio e che non ci meritiamo altro che il buio”?
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