Rapsodia irachena

Rapsodia irachena

II 22 agosto 1989 il ministero dell'Interno iracheno viene informato che nel corso di un inventario eseguito nella sede centrale della sicurezza generale baathista nel centro di Baghdad è stato trovato in un armadietto un manoscritto. Scarabocchiato a matita, risulta essere il diario di un giovane detenuto di nome Furat. Dal manoscritto scopriamo che era uno studente di letteratura inglese e poeta alle prime armi, dotato di uno spirito sardonico e corrosivo, che è stato arrestato un bel giorno di aprile, mentre seduto su una panchina guardava il cielo di Baghdad e aspettava Areej, la sua fidanzata. Furat rievoca l'incubo della detenzione e della tortura nelle carceri del regime e, in parallelo, la sua vita quotidiana fino all'arresto: l'adolescenza, la famiglia, l'università, la dittatura, la guerra tra Iraq e Iran, le partite di calcio allo stadio, i primi amori. Racconta di un Iraq impossibile, dove il regime è ovunque, nella vita pubblica come in quella privata, dell'isteria della dittatura baathista, così simile al nostro fascismo. Solo nel finale, ambientato in una Baghdad apocalittica e deserta, sembra profilarsi una speranza, ma forse è solo un'illusione, un miraggio, e la verità è che Baghdad è sempre in fiamme. Breve e intenso, Rapsodia irachena traccia in poche pagine un ritratto emozionante della vita nell'Iraq di Saddam Hussein, una miniatura delle sofferenze degli iracheni, dai baathisti a Bush.
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