Notte dei calligrafi (La)
"La mia morte fu dolce come la punta della canna che intinge le fibre nel calamaio, più rapida dell'inchiostro bevuto dalla carta." Così racconta, con una voce sospesa fra ombra e luce, Rikkat, celebre calligrafa turca, quando intraprende il resoconto della sua vita. Formatasi accanto agli ultimi grandi calligrafi dell'Impero ottomano, vive la riforma di Ataturk che, nella sua opera di laicizzazione, vieta l'uso della lingua araba e della sua calligrafia. Fin dalla giovinezza, Rikkat si mostra come una donna libera, coraggiosa, sensuale e spirituale al tempo stesso. Dopo lo sciagurato matrimonio con un dentista, incarnazione della più ottusa razionalità, la giovane si consacra alla calligrafia e all'insegnamento presso l'Accademia di Belle Arti. Qui può immergersi finalmente nello studio dei remoti segni che traccia come ponti lievi e impeccabili tra l'umano e il divino. Anche il secondo marito, un albanese mistificatore e ipocrita, lascia ben poco alla donna. Ma nella grande vecchia casa in riva al Bosforo, Rikkat continua a intrecciare le preziose trame, confrontandosi con generazioni di studenti cui affida il suo sapere. Solo molti anni dopo, con il ritorno del figlio a Istanbul e la scoperta di un orribile segreto, Rikkat comprende il disegno compiuto che le consente di mettere in ordine i suoi calami e di riconciliarsi con se stessa, prima di morire. Yasmine Ghata narra, con una lingua fluida, sinuosa ed elegante, la storia della vita di Rikkat Kunt, sua nonna, intrecciandola con quella della Turchia e delle sue più profonde radici culturali. L'elogio dell'arte calligrafica, centrale nella cultura islamica (che vieta la riproduzione delle figure umane), suggerisce all'istante un accesso al divino attraverso la bellezza e la gioia anziché la jihad e il martirio. E così il piacere della mano che impugna il calamo e gli odori inebrianti di inchiostri antichissimi scongiurano la lama del folle di dio o il fumo del tritolo dei kamikaze.
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