La grande casa di Monirrieh
Teheran. Zahra muore circondata dal marito e dalle due figlie: il suo volto sembra finalmente distendersi mentre fuori, inquadrato dalla finestra, appare, nel cielo terso, il Monte Alborz imbiancato dalla prima nevicata ottobrina. Siamo nel 1987. Iran e Iraq sono in guerra. Quarant'anni prima Zahra si era cosparsa di cherosene e si era data fuoco: per quarant'anni ha celato il corpo martoriato dietro un chador nero e ha vissuto nella casa del marito dedicandosi all'educazione dei figli in una inedita serenità di spirito. Che cosa le ha dato la forza di tollerare l'infermità? Che cosa l'ha legata così fortemente alla vita dopo aver desiderato così drasticamente la morte? E' la figlia maggiore, vissuta a lungo in Occidente, a prestarci gli occhi per entrare nella vita di Zahra e tornare gradualmente a quell'episodio di violenza, riviverlo, capirlo. Nella grande casa del quartiere Monirrieh, a Teheran, Zahra, circondata dall'ostilità della famiglia del marito, si rende conto progressivamente che poco è veramente cambiato nella mentalità del suo paese e tanto meno nell'uomo che ha sposato. I figli non bastano a nutrire la sua anima refrattaria a chinare il capo e una nuova ribellione, silenziosa come silenziose sono state tutte le scelte compiute sino ad allora, matura lentamente nella sua coscienza. Bijan Zarmandili racconta con felice semplicità le vicissitudini di una donna in cui sembra incarnarsi il destino di un paese e di tutta una cultura. L'Iran che guarda all'Occidente, l'Iran che torna alle sue radici, l'Iran che sul corpo di Zahra incide il segno di una radicale contraddizione.
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