Allegro occidentale
Chiamatelo Mister Piccolo. E' vostro fratello. Il vostro simile occidentale che va alla scoperta del mondo. Sappiatelo acuto osservatore ma 'fino a un certo punto', amante della verità ma 'fino a un certo punto', edonista ma 'fino a un certo punto'. E' cauto e curioso. E' appassionato e guardingo. E' un meridionale che sa di cosa è fatta la materia del vivere. Un po' di cinismo gli permette di vedere dove la sua correttezza emotiva non arriverebbe. E tuttavia aspetta il miracolo. Esiste? Il mondo gli si rivela come una distanza senza distanze, come la confortante allegria di ciò che si ripete identico. In Sri Lanka, a Hong Kong, sulla barriera corallina australiana, in aereo, negli alberghi a cinque stelle, nei villaggi turistici più esclusivi, la scena si ripete uguale. Mister Piccolo va incontro alla mesta allegria occidentale di vedersi sempre altro da ciò che è, ma finisce con il misurare la miseria della propria autonomia (sono davanti al bagno degli elefanti o nella cartolina che lo rappresenta?), della propria identità (sono io o Nicolas Cage?), della propria normalità (cerco il piacere di una prostituta nigeriana perché ne ho diritto come tutti gli altri, o perché c'è un mostro in me a cui sto finalmente dando retta?). Francesco Piccolo dà felicemente spazio a una verve narrativa che taglia trasversalmente il romanzo autobiografico, il reportage, il racconto filosofico. Mette in campo humour, intelligenza critica, grandi scenari. E, soprattutto, disegna su di sé un personaggio che coincide con il flusso del raccontare e del pensare, e ha la forza di chiamare il lettore a una identificazione radicale.
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