La foresta in fiore
"A quel tempo, anche quando zappavo la terra per il servizio obbligatorio, la mia mente fluttuava. Immaginare un racconto, la gioia di scriverlo: il primo piacere che ho imparato dalla vita è stato questo. Godere di questa dolcezza molto prima di conoscere l'amarezza della letteratura, ha determinato nel bene e nel male tutta la mia natura umana e artistica. I racconti della raccolta "Hanazakari no mori" (La foresta in fiore) sono tutti lavori giovanili scritti tra la veglia e il sogno. In essi il mondo reale non trova alcun spazio". Così scriveva Mishima una decina di anni dopo la pubblicazione della "Foresta in fiore". E' l'abbandono della mente a uno stato 'fluttuante' , tra la veglia e il sogno, che consente al giovane Mishima, e alla voce narrante dei cinque testi che compongono la raccolta, di cercare un rapporto vivo con la tradizione, un rapporto non intellettuale, ma che aspira a un 'sentire' e a un 'sentirsi', a una 'altezza vitale'. Una perfetta passività, uno stato di abbandono o di desiderio esigente, che sfida l'inappagabile, sono la via per accedere all'autenticità, per recuperare la tradizione come luogo, in cui dimensione estetica e significato sono luminosamente coincidenti.
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