La prosa italiana del Novecento. Umorismo, metafisica, grottesco
Protagoniste del libro di Guido Guglielmi sono le scritture grottesche e metafisiche, il pastiche e la narrazione combinatoria; ma anche le vicende del personaggio che vive la propria incompiutezza non come segno di perdita di una pienezza epica, ma come condizione di racconto, di struttura. Il punto di partenza è Bachtin e le sue riflessioni sui modelli di narrazione e sul valore del tempo: la scrittura novecentesca è legata ad una temporalità al futuro determinata da incompiutezza, mentre quella carnevalesca prevede un tempo ciclico e riparatore, e quella ottocentesca volge al passato e il racconto vi tende all'epica. Apre il secolo Pirandello che nel saggio sull'umorismo teorizza un modo di narrare contraddittorio ed inconcluso: di lì Guglielmi può tracciare una mappa che ha come punti fermi Savinio, Bontempelli, Svevo, Gadda, Manganelli e in parte Calvino. Senza tralasciare D'Annunzio, che non ha a che fare con l'umorismo , ma rappresenta la decomposizione di un modo di porsi della narrativa ottocentesca: un autore che nessuno scrittore del Novecento ha potuto ignorare.
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