L'impero dei segni
"Perché il Giappone? perché è il paese della scrittura: fra tutti i paesi conosciuti, è in Giappone che ho incontrato la pratica del segno più vicina alle mie convinzioni e ai miei fantasmi, o, se si preferisce, più lontana dai disgusti, irritazioni e rifiuti che suscita in me la semiocrazia occidentale". Dice Barthes a proposito di quest'opera, al tempo stesso notazioni di viaggio (ma agli antipodi delle cronache del letterato-inviato speciale) e perlustrazione entro un intero sistema di vita. Ne è risultato un libro particolarissimo, esauriente sotto tanti punti di vista, ricco di dottrina e di fatti concreti, perché, come ricorda ancora l'autore, il luogo dei segni non è cercato negli aspetti istituzionali ma nella città, nel negozio, nel teatro, nella cortesia, nei giardini, nella violenza. Ci si occupa di alcuni gesti, di alcuni cibi, di alcune poesie; ma soprattutto di volti, di occhi e di pennelli con cui si può scrivere, ma non dipingere, il tutto".