Fisici (I)
Scritta nel 1962 e ambientata nel salotto di una sofisticata clinica elvetica per malattie mentali, questa commedia in due atti viene condotta con le armi della farsa e di un grottesco tinto di cabarettismo. Durrenmatt vi affronta, attraverso un continuo capovolgimento dell'azione scenica, rivelazioni e sempre nuovi personaggi, il tema epocale della responsabilità dello scienziato di fronte al genere umano. Formalmente "giallo poliziesco" con tanto di cadaveri e poliziotti - solidi poliziotti svizzeri che puzzano di vino e tabacco - sul palcoscenico, la pièce è di fatto una sapiente metafora della nostra condizione nell'èra nucleare.Muovendo infatti dalla considerazione che "un dramma che tratti di fisici deve essere paradossale", Durrenmatt avverte che se "il contenuto della fisica riguarda solo i fisici, i suoi effetti riguardano tutti", ma "ciò che riguarda tutti può essere può essere risolto solo da tutti". In questa pièce dagli incalzanti sovvertimenti "siamo sempre ad un passo da Hitchcock", notava Ladislao Mittner, siamo cioè nell'inquietante condizione di chi non sa sino alla fine da che parte stia la verità.