Stelle solitarie
Cosa vuol dire prendersi cura di qualcuno? Ci si riesce mai veramente? E, soprattutto, cosa cerchiamo per noi nello stare vicino a chi soffre? Houston è la città che da sempre risolve problemi, e lo fa con slanci grandiosi e ambizioni smodate. E cosa c’è di più ambizioso che curare una malattia che sembra incurabile? Perciò è lì che Cristina accompagna la sua amica Vera, bellissima e piena di luce, che dalla vita ha ricevuto un colpo basso a cui non si rassegna. E forse anche Cristina è in qualche modo in cerca di una cura. Un racconto pieno di intelligenza, che si affida alla leggerezza per provare a dire cosa siamo, e cosa possiamo essere, davanti al dolore degli altri. Certe persone hanno con la sofferenza un rapporto confidenziale, e Cristina si è sempre considerata una di queste. Empatica, sentimentale, ma anche bravissima a farsi in quattro per dimostrare che la realtà può essere ridente, nonostante tutto. La malattia di Luca – marito, padre di sua figlia, amore simbiotico che ha fatto retrocedere a sfondo ogni altra cosa – l’ha attraversata così, sul viso un’espressione rassicurante e spiritata che non riesce a togliersi di dosso neanche ora che Luca sta bene. Chi non sta ancora bene invece è Vera, «l’amica zucchero», che dopo anni di compromessi faticosi con la malattia vuole andare nel posto in cui la cura si affronta con lo stesso piglio ardimentoso della corsa allo spazio, ispirata dalla stessa megalomania: Houston, la città che risolve problemi. E chi meglio di Cristina può starle accanto? Così comincia il viaggio di queste due amiche quarantenni, che hanno costruito il loro legame sulla capacità di raccontarsi la vita e di farla più divertente di com’è, senza dover mai scegliere tra profondità e frivolezza. La bellezza è il loro principio di realtà: se agli altri serve come evasione, a loro ricorda esattamente ciò che conta, perché nella bellezza c’è anche celebrazione della vita, curiosità, immaginazione e gioco. Ma adesso Vera, come Luca, sembra aver cambiato luce: è solitaria, assorta, brilla un po’ in disparte rispetto alla sua costellazione originaria. Costretta a rinunciare alle sue ingenue fantasie di accudimento, spesso sola in una città di strade deserte costeggiate da grattacieli scintillanti e villette con il canestro sulla porta del garage, Cristina si dà allora il compito che le riesce meglio: fare di questo viaggio una storia, possibilmente un’avventura. In modo leggiadro e sapiente, Cristina Marconi si accosta al senso profondo dello stare accanto, al mistero della sofferenza e della speranza, fino a intravedere, a farci intravedere, una possibilità altrimenti inaccettabile: a un passo dal dolore degli altri – degli altri che amiamo – può accadere di scoprirci vivi, fortunati, persino felici.