Irrealizzabile. Per una politica dell'ontologia (L')
Siamo cosí abituati a distinguere fra il possibile e il reale, fra essenza ed esistenza che non ci rendiamo conto che queste distinzioni che ci paiono cosí ovvie sono il risultato di un lungo e laborioso processo, che ha portato a scindere l'essere, la «cosa» del pensiero, in due frammenti insieme opposti e intimamente intrecciati. In ogni caso l'ipotesi di questo libro è che la macchina ontologico-politica dell'Occidente si fonda proprio su questa scissione della «cosa», senza la quale né la scienza né la politica sarebbero possibili. Senza la partizione della realtà in essenza e esistenza e in possibilità (dynamis) e attualità (energeia), né la conoscenza scientifica né la capacità di controllare e dirigere durevolmente le azioni umane che caratterizzano la potenza storica dell'Occidente sarebbero state possibili. Se non potessimo sospendere la concentrazione esclusiva della nostra attenzione su ciò che esiste immediatamente (come sembrano fare gli animali), per pensarne e definirne l'essenza (il «che cosa»), la scienza e la tecnologia occidentali non avrebbero certamente conosciuto lo sviluppo che le caratterizza. E se la dimensione della possibilità scomparisse interamente, né piani né progetti sarebbero pensabili e le azioni umane non potrebbero essere né dirette né controllate. La potenza incomparabile dell'Occidente ha in questa macchina ontologica uno dei suoi essenziali presupposti. Attraverso una paziente indagine genealogica, il libro ricostruisce la nascita di questa scissione fondativa della cosa del pensiero e il processo delle sue successive articolazioni nella filosofia e nella politica dell'Occidente.
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