Stabat mater
È notte, l’orfanotrofio è immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine. Cecilia si alza di nascosto dal letto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona più intima e lontana, la madre che l’ha abbandonata. La musica per lei è un’abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Così passa la vita all’Ospedale della Pietà di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilità dell’arte pur vivendo da recluse. Le cose cambiano quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. Si chiama Don Antonio, è un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. La sua carriera è agli esordi, non è ancora diventato il grande Vivaldi. Con una nuova postfazione dell'autore.
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