Biscotti della fortuna
Come certi biscotti croccanti dai ripieni inattesi, i racconti di Gabriele Pedullà si divorano in fretta per arrivare alla sorpresa. «Chi dice che di notte la città dorme? Ecco un privilegio dei bambini» Chi se ne intende sa che i piú buoni controbilanciano il dolce con un retrogusto amaro. Ma i biscotti migliori in assoluto, se li prepara chi ha mano sopraffina, celano un pericolo. E ogni tanto l'ultimo boccone si rivela letale. Un'acrobazia stilistica traboccante d'intelligenza e di divertimento. Un gioco di prestigio in cui niente risulta prevedibile. Con queste storie, al tempo stesso esilaranti e minacciose, Pedullà percorre una nuova, misteriosa forma di racconto. «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova», sentenziava il grande Hercule Poirot. Nei racconti di Gabriele Pedullà una coincidenza è appena un'avvisaglia, due sono l'annuncio che qualcosa di inatteso sta per accadere, ma tre coincidenze non si dovrebbero augurare neanche al proprio peggior nemico. O forse neppure esistono piú le coincidenze, per le donne e gli uomini seduti al tavolo da gioco di Pedullà. E nella curiosità che li spinge ad alzare ogni volta la posta – rimettendo in discussione verità e certezze – conviene riconoscere piuttosto l'opera di un genio maligno in vena di buffonerie. Giacomo avrebbe solo voglia di dormire; l'ingegner Luigi Bassetti cerca di fare carriera con la cucina cinese; Olindo ha nostalgia della nebbia; Eliana e G. rievocano la giovinezza leggendaria del loro amico Vale... A fare da innesco a queste storie c'è sempre un viaggio – sospirato, temuto, ricordato – che puntualmente si rovescia in smarrimento. Perché, come una foschia, un alito oscuro soffia in queste pagine dove nulla è prevedibile, e quando alla fine il pericolo si manifesta apertamente il primo a pagarne le conseguenze è proprio chi credeva di esserne al riparo. A cominciare dal lettore.