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Dopo l'importante punto di arrivo raggiunto col poemetto "II mondo sia lodato", la nuova raccolta di Franco Marcoaldi prosegue nel percorso interiore dell'autore tra ricerca sapienziale e piccoli gesti salvifici, mentre il mondo esterno sembra sempre più dominato dalla brutalità. Il libro si apre con una scena di "perdita di tempo" : l'imbucarsi in un cinema semivuoto per vedere un vecchio film, «due ore / rubate al lavoro, una sposa tradita». Il tema del perdere tempo, ripreso in altre poesie («Perdo il mio tempo guardando / il gatto che fissa l'infinito / come nessuno di noi saprebbe fare?»), è uno dei fili conduttori della raccolta: perdere tempo per trovare se stessi, lasciar cadere le maschere, far tacere i tamburi del narcisismo quotidiano, conquistare uno spazio di silenzio. Questo tipo di esercizi zen richiede prima di tutto professione di umiltà. Ai potenti, agli arroganti, ai troppo sicuri è preclusa qualsiasi via che porti a un momento di autenticità. Umiltà e arroganza però possono presentarsi fuse insieme, e dunque: «Come tenere a bada quella metà / avariata di me stesso che reclama / di continuo voce e combina / di continuo danni?» Quest'ultimo di Marcoaldi è un libro di "esercizi spirituali" per laici, un breviario per attraversare i dissidi interiori alla ricerca di una più umana armonia con la natura.