Lame
«... E poi li ho visti: cosi colorati, cosi dinamici, soprattutto cosi allegri! Trascinanti è il termine. Per non parlare dei vestiti e della musica, con quella spudorata celebrazione degli anni Ottanta, ironica e filologica al tempo stesso. Ma almeno altrettanto ti colpivano gli spettatori che si erano raccolti da tutta la Bay Area per assistere alle piroette sui pattini di quella infaticabile compagnia di dilettanti: anche loro facevano chiaramente parte dello show. [...] Soprattutto, nei giorni successivi non riuscivo a smettere di pensarci. Sai quando hai l'impressione di aver assistito a qualcosa di importante, ma non riesci a dire cosa? E non era solo per via dei pattinatori. Tutta quella gente, affascinata come me dal loro girare all'infinito, ovale dopo ovale, ancora e ancora. Perché anch'io, oramai, ero preso in trappola: questo era chiaro. Allora ho sentito che li c'era una storia che dovevo assolutamente raccontare, che quel movimento senza una meta ci riguardava tutti, insomma che non si trattava solo di un gruppo di ragazzi di mezza età che cercava di passare una domenica all'aperto volteggiando in aria. Ecco, non saprei come altrimenti dirlo, ma quel pomeriggio al Golden Gate Park per un paio d'ore ho avuto l'impressione di vedere qualcosa come lo Spirito-del-nostro-tempo che si incarnava in una singola, concretissima figura. Li, improvvisamente, c'era il meglio e il peggio di tutti noi. Le nostre angosce. I nostri errori. Le nostre speranze, forse. Avevo bisogno di capire. E cosi ho cominciato a scrivere... » (da una lettera dell'autore all'Editore)