Pavone e rampicante. Vita e arte di Mariano Fortuny e William Morris
«Eravamo a Venezia in aprile, e io ero ebbra di luce acquamarina. E una luce impalpabile, che gioca con le superfici mobili e scure dei canali, che luccica sulla pietra e sul marmo fondendoli insieme con molteplici sfumature, sempre acquamarina. Sperimentavo una bizzarra sensazione. Ogni volta che chiudevo gli occhi, vedevo un verde molto inglese, molto più giallo, un amalgama di luce scintillante sui prati rasati e di pastosa luce verde dei boschi inglesi, una luce che svanisce dentro tronchi nodosi, guizzando fra le ombre su strati di foglie estive. [...] Ogni volta che pensavo a Fortuny nel chiarore acquamarino, mi ritrovavo a pensare anche a un inglese, William Morris. Usavo Morris, che conoscevo, per capire Fortuny. Usavo Fortuny per reimmaginare Morris». Nasce così questa biografia iconico-letteraria bifronte: nell'ineffabile bellezza della cornice veneziana, l'attenzione di Byatt è catturata dalle atmosfere eccentriche e ombrose di quella «caverna scintillante» che è Palazzo Pesaro Orfei, dimora e laboratorio di Mariano Fortuny. I tessuti unici e preziosi da lui disegnati - le sciarpe Knossos e il plissé Delphos in particolare, punto di riferimento sia per la storia della moda sia per la danza e il teatro europeo di primo Novecento -, il gioco di buio e scintillii delle vaste sale, i dipinti, le lastre fotografiche, lanciano nell'immaginazione della scrittrice un ponte ideale verso le creazioni di quell'altro eclettico artista-artigiano che fu William Morris. Per molti versi i due sembrano antitetici. Figlio borghese della campagna londinese e appassionato di mitologia nordica, Morris; nato da una famiglia aristocratica catalana e radicato in un immaginario ellenico e mediterraneo, Fortuny. Entrambi però, con le loro intuizioni, hanno rivoluzionato il rapporto tra arte e artigianato, portando il bello nella vita quotidiana. A. S. Byatt ne esplora i caratteri, gli ideali, le ambizioni, visita le loro case, osserva gli oggetti che producono e di cui si circondano, racconta l'amore che li unì a due donne fuori del comune, Henriette Negrin, compagna di vita e di lavoro di Fortuny, e Jane Burden, la bellissima e infelice modella che sposò William Morris e fu dipinta e amata da Dante Gabriel Rossetti. Ne nasce una fitta trama di parole e di immagini scelte da Byatt e arricchite da didascalie di suo pugno. Un museo arredato con occhi che sanno guardare, soffermarsi sul dettaglio, connettere.
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