Umanisti italiani. Pensiero e destino
Umanesimo come scuola di retorica, culto dei latini e dei greci, nascita della filologia? Cacciari ci fa capire come le cose sono più complesse e meno schematiche, e come la stessa filologia umanistica vada in realtà inserita in un progetto culturale più ampio nel quale l'attenzione al passato è complementare alla riflessione sul futuro, mondano e ultramondano. Dunque una filologia che è intimamente filosofia e teologia. E i nodi filosofici affrontati dagli umanisti (che in quest'ottica non iniziano con Petrarca o con i padovani, ma con lo stesso Dante) sono difficilmente ascrivibili a sistemi armonici o pacificanti, secondo una visione tradizionale del Rinascimento. C'è un nucleo tragico del pensiero umanistico, fortemente "anti-dialettico", in cui le polarità opposte non si armonizzano né vengono sintetizzate (tranne forse in pochi autori, come Giovanni Nesi, che nel suo Oracolo del nuovo secolo, pubblicato nel nostro volume per la prima volta in tempi moderni, cerca di far andare d'accordo il neoplatonismo di Marsilio Ficino e il misticismo apocalittico di Savonarola). Un'antologia di testi nel segno del tragico e di un'antropologia filosofica destinata a farsi teologia, ermetismo, profezia. Una reinterpretazione storico-culturale profondamente innovativa, destinata a cambiare le opinioni comuni sull'Umanesimo e dunque su una grossa fetta della letteratura e della filosofia tra la fine del Trecento e gli inizi del Cinquecento. Tra gli autori antologizzati: Petrarca, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla, Leon Battista Alberti, Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Pico della Mirandola, Poliziano, Savonarola, Leonardo da Vinci, Machiavelli.