L'erotismo di Oberdan Baciro
"Ci si chiederà come mai nel 1931 una bambina di anni sette fosse in grado di accedere al covo di uno scapolo di anni otto...". Nella provincia triestina dei primi anni del fascismo, Oberdan Baciro, figlio di madre vedova, maestra esemplare e devotissima al Duce, si consuma fin da piccolo dietro al mistero dell'altro sesso. Le bambine, ragazze, quasi donne, suggeriscono e sottraggono, mostrano e scappano, offrono e si negano, in una danza deliziosa e crudele che mortifica il povero Oberdan facendolo impazzire di desiderio. Il paese di provincia è grigio e spento, la mamma severissima, i racconti degli altri maschi cosi dettagliati e appetitosi da stuzzicare la fantasia e colmare le notti e le giornate solitarie. A nulla varrà approdare a Trieste, né scoprirsi brillante pianista e animare le feste del liceo: le giovani donne della famiglia Meyer, ebree e facoltose, mondane e civette, danzeranno davanti al suo pianoforte la stessa musica sfuggente di chi promette e non mantiene. In agguato lo aspetta la guerra, a concludere in modo beffardo la sua misera, smaniosa, esilarante parabola esistenziale. Lelio Luttazzi viene ricordato, oltre che per la sua musica, per l'aria signorile e l'elegante pigrizia oblomoviana: da oggi lo sarà anche per questa riscrittura scherzosa dei romanzi libertini.
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