Le mosche del capitale
Con Le mosche del capitale (1989) Paolo Volponi ha scritto il potente, rabbioso, fantastico romanzo delle illusioni e delle frustrazioni dell'Italia degli anni Settanta, incapace di disegnare una strategia intellettuale e civile: l'ascesa e caduta del professor Bruto Saraccini, dirigente industriale, umanista e poeta con serie competenze imprenditoriali, ma tradito dalla sua stessa aspirazione a eliminare l'alienazione del lavoro con le armi del progresso industriale. Il racconto alterna registri e punti di vista imprevedibili: con gli uomini (e i loro ruoli, le loro ambizioni, le loro maschere) prendono vita oggetti e figure: dalla poltrona alla borsa del Presidente, al calcolatore che dialoga con la luna; dalle piante chiamate a decorare gli uffici, ai quadri ben consci della loro missione aziendale, fino al pappagallo Astolfo, osteggiato dal feroce capo della sorveglianza interna quale "profeta e testimone di mondi nuovi e di nuove umanità emergenti".