Poveri, noi
Da quando la crisi economica ha cominciato a mordere anche sulle fasce finora considerate relativamente «forti» del mercato del lavoro (titolari di posto fisso, lavoratori autonomi....), molti italiani si trovano a vivere «in bilico» tra standard alti di consumo e il baratro dell'indigenza. Gli italiani impoveriti oscillano tra paura e rancore, tra depressione e aggressività, tra il senso del proprio fallimento personale e la tentazione di trovare un capro espiatorio. La middle class che strutturava la propria autostima sulla distanza dagli «ultimi» tende a resistere con le unghie e con i denti facendo prevalere l'atomizzazione egoistica del «si salvi chi può» e del «mors tua vita mea», in una tendenziale guerra dei penultimi contro gli ultimi, esemplificata dal grido sempre più diffuso: «perché a loro sì e a noi no?». Viviamo sempre più in una società sfarinata, segnata dalla dissipazione dei legami, dei nessi comunitari. Ma la questione della povertà («relativa» o «assoluta») in Italia va affrontata con coraggio, organicità e sistematicità. Perché lottare contro la povertà non può certo significare rimuovere i poveri dalla società e farli scomparire dalla scena mediatica.