Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500

Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500

"In passato si potevano accusare gli storici di voler conoscere soltanto le gesta dei re. Oggi, certo, non è più così. Sempre più essi si volgono verso ciò che i loro predecessori avevano taciuto, scartato o semplicemente ignorato. "Chi costruì Tebe dalle sette porte?" chiedeva già il "lettore operaio" di Brecht. Le fonti non ci dicono niente di quegli anonimi muratori: ma la domanda conserva tutto il suo peso". Carlo Ginzburg analizza la visione del mondo di un mugnaio friulano mandato al rogo dall'Inquisizione alla fine del Cinquecento: non si tratta di una dissertazione erudita, di un'arida ricerca dell'inedito o del sensazionale. L'irriducibilità a schemi noti di una parte dei discorsi di Menocchio fa intravedere uno strato ancora non scandagliato di credenze popolari, di oscure mitologie contadine. Ma ciò che rende più complicato il caso di Menocchio è il fatto che questi oscuri elementi popolari sono innestati in un complesso di idee estremamente chiaro e conseguente, che vanno dal radicalismo religioso a un naturalismo scientifico, di cui è simbolo indicativo il paragone che il mugnaio istituisce fra la terra abitata e il formaggio pieno di vermi. Una cosmogonia popolare che apre la porta ad aspirazioni utopistiche di rinnovamento sociale, ad attese millenarie di giustizia. Attraverso la sua brillante, paziente ricerca, Ginzburg offre un frammento perduto del passato, capace d'inserirsi "in una sottile, contorta, ma ben netta linea di sviluppo che arriva fino a noi".
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