Il cammino della speranza. L'emigrazione clandestina degli italiani nel secondo dopoguerra
Se molti studi esistono sulla emigrazione italiana "classica" di inizio Novecento, assai poco è studiata la seconda e sorprendente ondata di emigrazione seguita alla fine della Seconda guerra mondiale. In gran parte clandestina e diretta verso Svizzera, Francia e Germania, l'emigrazione italiana fu in questi anni un potente strumento di politica economica usato dai primi governi repubblicani. Ma soprattutto fu un binario attraverso il quale gli italiani appena usciti dal trauma del conflitto si ricollegarono al mondo esterno, proiettando sull'Europa le proprie ansie, il proprio immaginario e la propria voglia di riscatto. Nel solo 1946 ben 30000 clandestini italiani giunsero in Francia a fronte di solo qualche migliaio di emigranti regolari. Le autorità francesi permisero l'entrata in massa dei clandestini italiani perché avevano disperato bisogno di manodopera e gli italiani erano considerati, diversamente dagli algerini, assimilabili con la popolazione. Fa restrizione della politica immigratoria spinse molti, nella speranza di diventare poi lavoratori in Francia, ad arruolarsi nella Legione straniera e a combattere in Indocina.
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