Zona disagio
A quarant'anni, poco dopo la morte della madre, Jonathan Franzen ritorna a Webster Groves, il sobborgo di St Louis dov'è cresciuto. I due fratelli maggiori l'hanno incaricato di cercare un agente immobiliare per vendere la casa di famiglia. Appena entra nelle stanze in cui ha trascorso infanzia e adolescenza, Franzen si sente un "conquistatore che bruciava le chiese e fracassava le icone del nemico". E il nemico è la famiglia. Ma questo è solo il primo impatto, perché il suo atteggiamento rivela subito un'intenzione più profonda. Se decide di entrare nella "zona disagio" che è il proprio passato, Franzen lo fa per prolungare il gesto del padre, che ogni sera muoveva il termostato del riscaldamento di casa verso la "zona benessere". In lui l'ironia è sempre accompagnata da un movimento contrario di indulgenza e innesco emotivo. Sei sono le tessere che compongono il puzzle di questa autobiografia: la vendita della casa di famiglia; i "Peanuts" di Charles Schulz, e in particolare Snoopy, come chiave tragicomica della contestazione degli anni Settanta; un gruppo d'ispirazione cristiana, la Comunità, specchio dell'anomalia suburbana di Webster Groves; gli scherzi adolescenziali ai danni delle strutture scolastiche; l'innamoramento per la lingua tedesca, segno di una vocazione letteraria che inizia a esigere i suoi spazi; la passione per il bird watching. E intrecciata a questi momenti, naturalmente, una tormentata educazione sentimentale.
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