Jasmine

Jasmine

È l'alba del 7 giugno 1967: le radio del Cairo, di Amman, di Damasco cantano ancora le eroiche gesta dei loro eserciti, ma i soldati di Israele hanno ormai occupato (o liberato) Gerusalemme est. Nulla sarà piú come prima, in Medio Oriente, nel resto del mondo. Il governo israeliano si rende ben presto conto che nella nuova situazione le problematiche legate alla zona orientale della città saranno fra le piú difficili da risolvere e nomina Nuri Elias Nasseh direttore dell'ufficio per gli affari arabi. Per il trentenne, un ebreo sefardita nato a Baghdad che conosce meglio la lingua e la cultura del 'nemico' della propria, è un compito affascinante: dovrà mediare fra una realtà araba molto eterogenea che fatica a riprendersi dalla sconfitta, e un mondo israeliano a sua volta diviso sul futuro ma reso baldanzoso dal trionfo militare, cercare punti di incontro fra una cultura millenaria che fonda la propria forza sull'unità religiosa e un popolo che in nome del progresso, del sapere scientifico e del processo di occidentalizzazione, rivendica un primato di civiltà. Nuri assume un punto di vista molto equilibrato, lontano dalle posizione radicali dei sionisti e degli ashkenaziti. Vede il dolore e la miseria della povera gente, si occupa dei suoi problemi quotidiani, ma non manca di stabilire contatti con gli esponenti piú in vista della comunità palestinese. Fra questi il giornalista Abu George, la cui figlia Jasmine da cinque anni studia a Parigi. Quando quest'ultima torna a Gerusalemme, Nuri si prodiga per procurarle uno stage presso un istituto israeliano di bambini handicappati. Jasmine accetta malvolentieri, non vuole scendere a compromessi con il nemico. Fra i due ha tuttavia inizio un accidentato percorso di avvicinamento, fatto di rifiuti, di fughe, di litigi, ma non privo, pur fra mille incertezze, di reciproca curiosità, di profonde affinità umane e letterarie. Ma è anche solo pensabile, in quelle circostanze storiche, l'amore, addirittura il matrimonio fra una palestinese cristiana e il figlio, per quanto illuminato, di una famiglia ebraica ortodossa?
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