Il settimo pozzo
Pubblicato una prima volta all'inizio degli anni Settanta nella Germania Est, "Il settimo pozzo" si inserisce nel solco della migliore narrativa sulla Shoah, da Levi a Semprún a Kertész, e nei paesi di lingua tedesca è ormai considerato un classico. Sopravvissuto a numerosi campi di concentramento, Fred Wander dà voce ai suoi compagni di detenzione - in prevalenza ebrei provenienti da ogni parte d'Europa - con i loro momenti di grandezza ma anche con le loro meschinerie e limitatezze. Vediamo cosí entrare in scena Cukran, l'incolto ebreo turco che ha sposato una donna francese di rango, o de Groot, il famoso sarto di Amsterdam, il 'viveur' che passava il suo tempo nei caffè della città, o Lubitsch, rampollo di una famiglia patrizia slovacca, o Tadeusz Moli, il giovane di buona famiglia costretto a lavorare nei forni crematori. Riprendendo la tradizione dei narratori ebraici e facendo propria la lezione di Mendel Teichmann, il cantore dell'universo chassidico che all'inizio del romanzo spiega all'autore "come si narra una storia", Fred Wander restituisce un volto unico e inconfondibile alle tante anonime vittime, rievocando l'esistenza del singolo prima del lager, e piú in generale tracciando un quadro vivissimo di quel mondo dell'ebraismo europeo destinato a scomparire nel piú tragico dei modi.
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