Quando la povertà diventa miseria
"La diffusione generalizzata della miseria e dell'indigenza è uno scandalo sociale ovviamente inammissibile, soprattutto all'interno di società che sarebbero perfettamente in grado di evitarla. E la viscerale ribellione che essa suscita in ciascuno di noi è del tutto giustificata. Ma non è aumentando la potenza dei processi di produzione di beni e di prodotti materiali che si potrà porre fine all'infamia, poiché questi processi sono in realtà i medesimi che producono sistematicamente la miseria. Oggi bisogna sforzarsi di comprendere le molteplici e profonde ragioni dello scandalo. Non ha senso parlare della 'povertà' e dei 'poveri' in generale. Le diverse forme di povertà, difficilmente paragonabili tra loro, mi hanno spinto a riconsiderare molti interrogativi cui non riuscivo a dare una risposta: sulle nozioni stesse di povertà e di ricchezza, sui significati molteplici e spesso opposti attribuiti a questi termini, sui comportamenti delle società umane di fronte alle sofferenze e alle privazioni nate dalla miseria e dall'indigenza, sulla frattura, infine, creata dall'economia moderna nella percezione delle povertà e delle ricchezze". "Cos'è, in realtà, la povertà? Una costruzione dello spirito, un concetto, un vocabolo? Uno stile di vita, la, manifestazione di una mancanza, una forma di sofferenza? Si contrappone alla miseria o ne è un sinonimo? Rappresenta un limite arbitrario stabilito dagli esperti per distinguere i poveri dai non poveri o, ancora, è una delle frontiere che separano i comuni mortali dai santi?" Sono gli interrogativi ai quali Rahnema tenta di dare una risposta, raccontando diversi casi esemplari, dagli Amerindi del Canada ai 'domiciliati sui marciapiedi' di Calcutta. E lo fa in prima persona, con le riflessioni di chi ha 'toccato con mano' i risultati, spesso ambigui, dei molti programmi di sviluppo per il Terzo Mondo. Non offre facili ricette, ma invita il lettore a riconsiderare gli attuali stili di vita alla ricerca del vero significato del termine 'povertà', profondamente diverso dalla parola 'miseria' fabbricata dalla scintillante, quanto feroce, macchina del consumismo globale.
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