La Pasqua rossa
E' intorno alla personalità complessa, contraddittoria e carismatica di Ezio Barbieri che il libro di Bevilacqua si avvita a spirale: nella convinzione, profonda e contagiosa, che il destino di un uomo possa illuminare, a tratti, quello del mondo. Nel 1946 il carcere di San Vittore è una polveriera. Vi sono stipati più di tremila detenuti, tra delinquenti senza bandiera, ex repubblichini ed ex partigiani condannati per reati comuni: un microcosmo impossibile, che rispecchia con paradossale fedeltà un'Italia che stenta a scrollarsi di dosso "il sentimento delle macerie". Ed Ezio Barbieri conosce più di tanti altri quel sentimento. Anche per questo guida la Rivolta e lo fa a modo suo, "con l'abilità dell'artificiere e il sarcasmo del teatrante". Quella che passerà alla storia come una delle rivolte più imponenti del sistema carcerario mondiale, inizia non a caso come una farsa: con una recita di detenuti travestiti da animali. Se c'è più verità nella leggenda che nella nuda cronaca, Barbieri non fu solo il balordo dell''Isola' milanese a capo della famigerata 'banda dell'Aprilia Nera', fu soprattutto un enigma senza soluzione. Un uomo che seppe capire come nessun altro "i drammi in gabbia" dei detenuti e di molti italiani apparentemente liberi? Un profeta moderno, in grado di parlare con "il tono di chi sa e prevede"? Un sognatore? Certo, il suo sogno più grande fu che la Rivolta potesse scuotere e stimolare le forze vive e sane della nazione. Sia come sia, mentre fuori dalle mura del carcere qualcuno, con le macerie della guerra, occulta colpe e turpitudini, dentro le mura Ezio Barbieri e i suoi cercano di far deflagrare le contraddizioni che, inesplose, saranno destinate ad affollare di mostri gli anni a venire. Perché quell'aprile del 1946 è stato davvero un momento cruciale per il futuro dell'Italia. E dà ancora i brividi seguirne le vicende sconcertanti attraverso il risentimento di un uomo solo, accerchiato dall'esercito non meno che dal suo passato.