Le fate dell'inverno
Un rumore inspiegabile ossessiona Franz Quai, giudice in pensione tormentato dai ricordi: sembra il rumore di una palla, di un bambino che giochi per casa, ma com'è possibile? Nella villa di famiglia, dopo i lutti e gli abbandoni, non vive piú nessuno, e la solitudine di Franz è scandita soltanto dalle partite a dama con il fratello scapestrato - antichi esercizi di crudeltà reciproca - e dai rosari di rimbrotti e ricordi recitati assieme a Toia, l'anziana domestica. Eppure il rumore c'è, insistente, e se nessuna ipotesi razionale vale a spiegarlo, a poco a poco Franz si convince che non viene dalla casa, ma da altrove, forse dal passato o dall'aldilà di tutto. Forse dal luogo dove adesso sono Nora, la moglie suicida, e Giacomo, l'unico figlio, morto prematuramente; oppure da dentro, dalla memoria, come i frammenti di un passato troppo doloroso o troppo lieto - la piccola Chichi che riempiva i suoi giorni, i vicini di casa e il loro segreto inquietante, la musica di Oum Kalsoum, le parole di Henri Salvador, l'Egitto, Cortina e tutto ciò che è successo con Bia, la giovane nuora: quella felicità scandalosa e perduta. Ma se di una vita intera non rimangono che rimorsi, e se la morte tante volte sfiorata si fa sempre piú vicina, forse non tutto è davvero finito. Nell'ultima mano del gioco c'è ancora una mossa (c'è ancora una grazia) in cui sperare.
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