Le mille case del sogno e del terrore
Farhàd è uno studente universitario, a Kabul, verso la fine degli anni Settanta. Non fa politica, ma una notte, dopo aver bevuto troppo vino, viene sorpreso da una pattuglia durante il coprifuoco. Non conosce la parola d'ordine, viene picchiato, insultato, abbandonato sul ciglio della strada. Una donna lo soccorre, lo accoglie nella propria casa. In persiano l'espressione 'mille case' significa labirinto. E il rifugio che lo salva dai soldati diventa per Farhàd un enigma di pareti e finestre e tappeti e fantasmi, un mistero insolubile, un sogno fragile che racconta però di ferite tragicamente reali. C'è un bambino che aspetta il ritorno del padre. C'è un giovane dai capelli bianchi che ha perso la ragione. E c'è lei, Mahnàz, una donna forte e disperata. La casa è un labirinto, ma è anche uno specchio, la fotografia di un paese che vive nel terrore. Sono gli anni delle dittature filosovietiche che anticipano l'invasione del 1979 e mettono l'Afghanistan sui binari di una lunga e devastante guerra civile. Migliaia di oppositori, o di persone che come Farhàd si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato, vengono trucidati. A Farhàd non rimane che la via dell'esilio.