Opere mondo. Saggio sulla forma epica dal Faust a Cent'anni di solitudine
Ci sono tantissimi libri. Ci sono tanti grandi libri. E ci sono poi alcuni libri che vogliono essere un'altra cosa: monumenti, cattedrali letterarie. Testi sacri, se possibile. E' il caso di "Faust" e di "Moby Dick", dell'"Anello del Nibelungo" e dei "Cantos", dell'"Ulisse" e dell'"Uomo senza qualità", di "Cent'anni di solitudine". Tutti casi singoli, ha sempre sostenuto la storia letteraria: tutte eccezioni, anomalie. Ma forse, a guardarle bene, tutte opere epiche: enciclopediche, polifoniche, aperte, coltissime, stratificate, didascaliche, interminabili... Certo, è un'epica moderna: che non vuol piú rappresentare una patria, ma il mondo intero: quel mondo che l'Europa ha 'scoperto', sottomesso e unificato. Impresa di straordinario interesse e che stimolerà via via le grandi tecniche della polifonia e della 'reverie', dell'allegoria e del 'Leitmotiv', dello 'stream of consciousness', del 'collage', della complessità. Impresa di straordinaria ambiguità, anche: divisa com'è tra la critica della violenza occidentale e il fascino di un disegno cosí grandioso. Infine impresa di straordinaria difficoltà: perché il nostro mondo è ormai forse troppo grande, e troppo complicato, per star tutto in un libro. La 'critica mondo' di Franco Moretti ci aiuta, con le sue suggestioni interdisciplinari, con le sue escursioni nella musicologia, nell'economia, nella scienza, nella retorica, a veder chiaro in quegli strani capolavori in cui è forse depositato il segreto della nostra modernità.
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