Il grigio

Il grigio

Silenzio. Effetto notte. Il Grigio, nel buio, aspetta. Lui è un essere perfettissimo, Lui è il nemico. È contro di Lui che avverrà lo scontro finale. Un uomo che vorrebbe solo starsene tranquillo e un piccolo topo malefico, subdolo e un po' gigione. Un duello comico e metafisico, un apologo sardonico sulla natura infida della solitudine, dei sentimenti, dell'egocentrico e vano scorrere dei nostri giorni. Andato in scena dal 1988 al 1990, questo monologo si rivela una irresistibile macchina narrativa: esatta, ironica e tagliente. Perché "tutti abbiamo bisogno di qualcuno o qualcosa che non faccia addormentare i nostri dubbi". C'è un uomo da solo in una bella casa nuova: l'ideale per lavorare, per riflettere, per rimettere un po' le cose a posto. Dietro le spalle, le macerie normali di una vita normale: un matrimonio finito, un'amante delusa, un figlio un po' estraneo, il disinganno di scoprire che "l'amore è una parola strana. Vola troppo. Andrebbe sostituita". Ma ora il suo cumulo di rovine quest'uomo potrà chiuderlo dietro la porta, e godersi finalmente un po' di pace. Peccato che, a porte chiuse, lo aspetti un topo malefico, pronto a rosicchiare agli angoli il foglio bianco della sua nuova vita. Come sempre, le parole di Giorgio Gaber hanno il potere d'insinuarsi fra i pensieri come tarli, come piccoli roditori perfidi e cocciuti; così l'ironia diventa un grimaldello, e la capacità di ridere di se stessi e delle proprie nevrosi una forma lucida e consapevole di pietà.
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