L'orologio di Monaco
Questo libro rincorre con forza il tempo, facendo di un'ossessione privata - la genealogia - un centro caldo, gravido di storie. Ogni racconto segue a modo suo la scia di un antenato: grandi rabbini, grandi rivoluzionari, grandi uomini (come Marx, Heine, Mendelssohn), e soprattutto una folla di umili, "gente prona alla vita", con storie bellissime e durissime alle spalle. Nella convinzione che "tutte le vite, piccole e grandi (se si può fare questa distinzione), sono intrecciate l'una con l'altra". Ed è cosí che gli avi illustri, determinanti per la storia dell'umanità, possono stare davvero vicini, sulla carta e nella memoria di un uomo, a quelli inghiottiti dall'oblio: come lo zio Francesco, eccentrico morfinomane, cameriere negli anni '30 del "Caffè New York", il locale piú alla moda di Budapest; come il rabbino di Cifer, autore di un rovinoso patto con Dio; come lo zio Paolo, macchinista ferroviere, appassionato scultore, comunista tutto d'un pezzo che scese a compromessi una sola volta nella sua esistenza, per amore dell'arte. In ogni pagina le intersezioni tra le storie private e la grande storia otto-novecentesca dànno spessore e autentico pathos a un libro rigonfio d'umanità. Un libro in cui persino un cane può diventare l'emblema di una fedeltà ad oltranza capace di opporsi alla ferocia degli eventi che tutto travolgono. Fino all'ultimo racconto, scritto dal figlio dell'autore, in cui il vortice delle storie e della storia si arresta senza dolore nel culto consapevole di un'eroica medietà.
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