Boston marriage
Un interno fine Ottocento, due dame, una cameriera. Piccoli dettagli ci mostrano subito come la signorilità affettata delle dame sia una facciata. Entrambe infatti tendono a lasciar cadere nella conversazione dal vocabolario ricercato e dai giri di frase tortuosi qualche parolaccia, qualche modo di dire volgare; la cameriera, maldestra e ignorante e continuamente ripresa dalla padrona, sembra fuori posto in una casa di qualche pretesa; e la visitatrice non si perita di mettere da parte ogni aplomb per abbandonarsi a manifestazioni di stupore davanti al ricchissimo monile sfoggiato dall'amica. Ben presto apprendiamo che prima di perdersi di vista le due sono state una coppia molto affiatata (nessun dizionario lo conferma, ma secondo David Mamet l'espressione "Boston Marriage" era in uso, una volta, per alludere a una unione omosessuale; in ogni caso sono inevitabili gli echi del titolo del romanzo "The Bostonians" (1886) sulle prime femministe, in un'atmosfera di lesbismo non troppo dissimulato). Dopo la separazione da Claire, Anna, che è la padrona di casa, ha trovato un riccone che la mantiene, della cui protezione vorrebbe ora approfittare per riprendere con sé la transfuga. Ma la visita di Claire ha un altro scopo. Rifacendosi viva con l'amica, Claire vuole chiederle un favore: l'uso dell'appartamento per compiervi la seduzione di una giovinetta. Anna reprime la delusione, ma finisce per accettare, mettendo come condizione di poter assistere alla scena, nascosta si capisce. Claire si schermisce, poi sottostà al ricatto; sennonché quando la giovinetta arriva si rivela essere proprio la figlia del signore dalla cui munificenza dipende tutto il benessere di Anna... Un Mamet insolito, ironico, divertente e divertito.
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