Gioventù. Scene di vita di provincia

Gioventù. Scene di vita di provincia

Con "Gioventú", Coetzee torna a raccontare la storia del ragazzino inquieto e pieno di sensi di colpa di "Infanzia". Adesso l'io narrante ha almeno dieci anni di piú. E' un giudizioso studente universitario della facoltà di Matematica, che coltiva un'ambizione segreta: tradurre la 'fiamma interiore' in versi altissimi, degni di Ezra Pound. Si prepara a questa grande prova, leggendo tutto ciò che valga la pena di leggere, seguendo corsi di letteratura inglese, mettendo da parte i soldi per andare all'estero, in Europa, dove, è sicuro, si compirà il suo destino di poeta, perché è lí che abita l'arte, non certo a Città del Capo. Sono i primi anni Sessanta. Anni di manifestazioni di neri represse nel sangue. Il Sudafrica è una patria di cui vergognarsi, una 'ferita dentro di lui'. L'essere afrikaner, bianco d'Africa, un marchio d'infamia, che lo assillerà anche quando sarà lontano. A Londra. La città che insieme a Parigi rappresenta l'avanguardia culturale, la terra promessa per chiunque voglia vivere la vita 'con la massima intensità', tra spiriti d'eccezione e schiere di donne affascinanti, destinate a essere amate e trasfigurate dall'arte. Una visione mitica, che presto, però, è costretta a fare i conti con il principio di realtà. La città dell'avventura amorosa e intellettuale si rivela un luogo difficile da abitare. I circoli letterari, 'enclaves' inaccessibili. Le tante donne che incontra, creature piú o meno ordinarie, con le quali vive storie brevissime, avvilenti. I pochissimi amici, borghesi dalle ambizioni mediocri, dagli orizzonti angusti. Il lavoro, programmatore di computer, una sanguisuga che lo sfinisce. Cosí, mentre si ritrova a vivere, di nuovo, in un mondo insensato, dominato dalla paura dell'annientamento nucleare, dalle trame della Guerra Fredda, dagli orrori del Vietnam, che fanno eco agli orrori dell'odiato e ineludibile Sudafrica, sente la sua vocazione farsi sempre piú velleitaria, diventare un fragile schermo dietro cui dissimulare la propria inettitudine, la pochezza di una vita di fuggiasco, senza piú identità e senza futuro.
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