Voglio guardare
Celeste ha sedici anni, un corpo come molti e un segreto tutto suo. Ogni tanto, spinta da non si sa quale bisogno, scende sulla litoranea e aspetta. Quando una macchina si ferma, lei sale. Davide Heller è un avvocato penalista di successo. Vive solo in un grande appartamento, è un uomo giovane, bello, taciturno. Anche lui ha un segreto da sempre. Il loro incontro è come una bomba guasta che non esplode mai. Una mattina Davide Heller esce di casa in tenuta da jogging, con un grosso zaino sulle spalle: dentro, il cadavere di una bambina. Celeste lo segue per non mollarlo piú. Di cosa è fatto l'interesse che porta Celeste a frequentare la casa di un assassino senz'altro scopo apparente che non sia quello di conoscerla, scoprirla, camminare per le sue stanze quasi visitasse il male che l'uomo ha dentro? E perché Heller permette a un'estranea che non lo denuncia, non lo ricatta, non vuole nulla, di occupare un posto nella sua vita? Che cosa spinge due esistenze doppie, ordinarie e malate, a instaurare un incomprensibile legame che le induce a cercarsi, aggredirsi e difendersi senza ragioni? Se c'è una cosa che De Silva sa fare è formulare domande tra le righe. E cosí togliere alla devianza, in qualunque sua forma, ogni aura d'eccezionalità, e farne poltiglia inutilizzabile per qualsiasi discorso etico. Lasciando, alla fine, un nucleo caldo e pulsante che non può essere contemplato da uno sguardo morboso, ma solo, e senza parole, da un occhio annichilito e lucido. Quel nucleo è il nostro mondo - lo stesso di "Certi bambini" -, un mondo dove il male alligna, irriconoscibile, in forme sempre piú equivoche.
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