L'amato bene
"Lo giuro: a vent'anni, Carmelo recitava come oggi. Non ho mai sentito nessuno leggere Joyce così. Accoccolato come il pastore errante dell'Asia sulla tettoia del night, con la piccola, inutile luna elettrica tra le mani, me ne sto ad ascoltare quella voce magica in quell'assurda notte". Sta tutta in quest'immagine, la malia di questo libro. Prendi due ragazzi di belle speranze, portali in un night della riviera adriatica nell'estate del 1960, sulla pedana delle spogliarelliste: l'ultima cosa che ti aspetteresti, è una pubblica lettura dell'"Ulisse" di Joyce. Non importa se il pubblico li inseguirà con le forchette in mano, quello che conta è il loro piccolo incantesimo. Sono goffi e lunatici e testoni, il regista in erba e il futuro grande attore: e se questa è la storia di un incontro, forse è la storia di un incontro mancato. Su e giù per l'Italia degli anni Sessanta, tra tumulti politici e procaci parrucchiere, baristi mecenati e teatri tragicamente vuoti.