Quartine. Seconda centuria
Era difficile immaginare un seguito alle "Cento quartine", lo straordinario monologo a due voci con il quale Patrizia Valduga, quattro anni fa, ha spostato il confine tra quello che si può dire e quello che non si può dire in poesia (a patto, s'intende, di saperlo dire) in fatto di sesso e d'amore. E invece eccolo, il seguito: questa "seconda centuria" che riprende, a segnale d'una sostanziale continuità, la numerazione della prima, e che mette in scena con la medesima integralità e purezza ciò che avviene nella mente e nel cuore della protagonista dopo il tumulto (o la recita) dei sensi. E' un magmatico e tuttavia limpidissimo confluire di malinconia e saggezza, caratterizzato sul piano formale da un continuo alternarsi di tonalità e registri diversi, e intimamente attraversato e scandito dalle parole-talismano di Dante e Shakespeare, di Prati e Pascoli, di D'Annunzio e di Rilke (per non contare il terribile, folgorante Belli presente nell'epigrafe iniziale). Chiude il volume un breve testo teorico, meditazione e confessione dell'autrice sul linguaggio della poesia.
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