Trenta poesie famigliari di Giovanni Pascoli
"Vorrei che il lettore di questo libro, che commenta trenta poesie di Giovanni Pascoli, lo intitolasse fra sé e sé: il gioco e la malattia. Pascoli è un poeta divertente (questa è la mia opinione), ma anche un poeta di eterno e lugubre piagnisteo e questa è un'opinione largamente accreditata.Uno degli aspetti più appariscenti di tutto ciò che il Pascoli ha lasciato scritto, è la mancanza di desiderio; meglio, la mancanza di qualunque sensibilità al diritto che il desiderio ha di manifestarsi e di prendere forma. C'è tuttavia un grande rapporto d'amore, una grande complicità tra le parole di questo poeta e l'immagine di sé (speculare verso il mondo) nella quale egli scorge il desiderio sempre vinto e sconfitto. Questo rapporto d'amore, tra il poeta e il proprio io represso, è sentito e vissuto come un sacrificio. È questo sacrificio (questa complicità) a produrre il gioco?Il circuito del gioco e della malattia non ha principio né fine (l'uno e l'altra si rincorrono a mosca cieca, secondo lo stile più antico). Il circuito si spezzerà quando la mancanza del desiderio non sarà più drammatica (un sacrificio) ma diventerà una scelta, indifferente e perentoria, ai limiti del manifesto ideologico, di non volontà e di non-esistenza".
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