Lo splendore del Portogallo
Pubblicato nel 1997, "Lo splendore del Portogallo" (un titolo ironico che riecheggia le parole dell'inno nazionale portoghese) si ricollega al tema della presenza lusitana in Angola: un tema che insegue il romanziere fin dal suo esordio come scrittore. Attraverso i monologhi alternati di quattro personaggi (una madre e i suoi tre figli), ciascuno dei quali apporta la propria visione, Lobo Antunes delinea, nel suo peculiare stile polifonico, un mondo che è giunto ormai alle soglie della distruzione: quell'impero portoghese in Africa, ormai ridotto a uno specchio di ambizioni illusorie e prive di significato nel quale i coloni non hanno più alcuna ragione di rimanere, dopo essersi trasformati nei negri dei bianchi della madrepatria e che, invano, tentano di aggrapparsi a ciò che resta di un antico splendore. Le tre parti del libro prendono avvio alla vigilia di Natale del 1995 quando il meticcio Carlos, che abita con la moglie angolana in un modesto appartamento nel quartiere dell'Ajuda a Lisbona, ci dice di avere invitato i suoi fratelli, Clarisse e Ruy (che non verranno), dopo quindici anni di lontananza e di silenzio, e di accumulare in un cassetto, senza neppure aprirle, le lettere che riceve dalla madre, Isilda, rimasta a suo tempo in Angola a difendere la proprietà con i domestici. Al monologo di Carlos segue quello di Isilda, che inizia il 24 luglio 1978 e si conclude quello stesso 24 dicembre 1995, quando la donna viene falciata dalle pallottole dei soldati mentre la sua mente visionaria mette in scena i ricordi familiari.
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