La rete delle immagini
Guardare e ascoltare. Far immaginare attraverso le figure e le parole per parlare non solo all'occhio del corpo ma anche all'occhio della mente. Ancor prima dell'avvento della stampa, i predicatori in volgare delle origini mostrano di saper bene come comunicare con il popolo e quali strumenti usare per influenzarlo, per controllarne le passioni, le paure e i piaceri. Sanno come fare per imprimere nella memoria di un largo pubblico i modelli di comportamento da seguire e i contenuti di una cultura della penitenza che proietta la vita quotidiana nella dimensione inesorabile dell'eternità e del giudizio divino. Le tecniche per tradurre le parole in immagini e le immagini in parole sono molte e sofisticate, e le prediche si possono leggere come una sorta di archeologia di spettacolo multimediale, dove vengono chiamate in gioco anche le pitture delle chiese e dei palazzi che fanno parte dell'esperienza quotidiana degli ascoltatori. Nei primi anni del Trecento, i dipinti del Trionfo della Morte del Camposanto di Pisa diventano cosi ideale scenario delle parole di ammonimento dei domenicani, e a metà Quattrocento san Bernardino trasformerà i palazzi, le chiese, le strade di Siena in un vero e proprio teatro della memoria della sua predicazione. Ricostruendo questa fitta e affascinante rete di legami e associazioni fra parole e immagini, Lina Bolzoni avverte come tutto ciò rinvii però a qualcosa di ancor più profondo: a un codice comune - capace sia di contenere conoscenze sia di riattivarle - che agisce sull'intelletto, sulla memoria e sulla nostra stessa volontà. Dice Elias Canetti: "Le immagini sono reti, quel che vi appare è la pesca che rimane". Ciò che rimane al lettore di oggi è una sorta di affresco dell'efficacia della comunicazione colta nel momento originario ma fondativo in cui immagini e parole si inseguivano, potenziandosi a vicenda, prima che comparisse all'orizzonte il sogno di una loro pervasiva riproducibilità.