Il ventre del comunista
Un anziano libraio bolognese dall'esistenza mediocre e solitaria cede alle lusinghe di un triplice invito a una serata destinata a sconvolgre e segnare il corso della sua vita. Durante la festa, in un clima generale di revisionismo, una giornalista rampante riesce a strappargli una dichiarazione sulla sua identità politica e culturale che, il giorno dopo, troneggerà sulle prime pagine dei giornali locali, sotto il titolo: L'ultimo comunista. In un marzo tropicale in cui tutto si confonde, tra nebbie, temporali, improvvise calure estive e soli malaticci, il libraio Gandolfi comincia l'unica, vera, definitiva avventura della sua vita: un viaggio verso le origini, reso ancora più urgente da un pervasivo senso di estinzione. Spinto dall'ostinata voce del comunista annidato nelle sue viscere, prova a ritornare nei luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza in cui ha scoperto altri possibili assetti del vivere: la colonia marina dove, bambino, ha sperimentato una "comunione delle anime e dei corpi" nella lettura corale dei fumetti e nella prima rivelatrice avventura erotica; l'Istituto per ciechi dove, unico vedente, ha condiviso l'orgoglio dei compagni di appartenere a un mondo altro e immaginoso; l'austero collegio del Cionfi trasformato in estate, da un istitutore inquieto e intelligente, in un abbozzo di falansterio. Un ritorno a luoghi, memorie, brandelli di esperienze, che è come una condanna a morte. Quel mondo ha subito una straziante, grottesca mutazione, e il Grandolfi si ritrova a vagare tra gulliveriane discoteche-condom e sexyshop fantasmagorici in cui dilaga un'anonima e disperata vitalità. Un pianeta sconosciuto dove il protagonista finisce per aggirarsi come uno straniero in terra straniera, ospite inetto e sgradito.
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