I sonnambuli. 1888: Pasenow o il Romanticismo. 1903: Esch o l'anarchia. 1918: Huguenau o il realismo
I Sonnambuli scritti pubblicati tra il 1929 e il 1932 restano ancora oggi una delle opere più problematiche e affascinanti uscite dalla crisi del mondo asburgico. Epopea e parabola di un'epoca in declino, essa sposta la propria attenzione sul mondo tedesco come centro di gravità del destino europeo: dall'ascesa al trono di Guglielmo II nel 1888 alla fine della prima guerra mondiale. In un fittissimo intreccio di affabulazione, speculazione filosofica, riflessione sociale e politica, Hermann Boch non dipinge solo uno degli affreschi più articolati del romanzo mitteleuropeo, ma dà voce al disagio, all'angoscia e al disincanto dell'uomo conteporaneo che affrancato da ogni valore scivola nella degradazione e nella brutalità più efferata. Di fronte al tribunale di una modernità che trasforma la religione in strumento di potere e di barbarie, il vecchio umanesimo manifesta tutta la sua impotenza costellata di gesti vuoti e convenzionali. Romanziere, filosofo, scienziato, studioso di politica Broch è una delle figure più complesse nate dalla grande cultura viennese tra neopositivismo, psicanalisi e dodecafonia. COn I sonnambuli egli ha scritto un'enciclopedia della crisi ancora attuale per la pulsante originalità come libro profetico, quadro di un'apocalisse annunciata, ma anche presagio di una patria dell'anima che nessuna violenza può conculcare.
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