Padri di padri
Dentro questo libro c'è un bambino. Non si tratta solo di un personaggio, ma di una condizione che abita tutti i personaggi, incapaci come sono, giovani e vecchi - forse soprattutto vecchi -, di fare i conti con le molte linee d'ombra della vita. Claudio Meis è andato a prendere il figlio a scuola e insieme si stanno dirigendo a casa del nonno, che abita in un'altra città e per costringerli a quel viaggio non risponde più al telefono. Durante il tragitto, l'incontro con il cognato, Andrea Chenal - pecora nera della famiglia -, complica le cose. Il tranquillo "ponte dei morti" con il padre un po' svitato si trasforma in un percorso a ostacoli, e Claudio Meis non ne manca uno. Viene spinto in un precipizio di eventi in apparenza futili e artificiosi, ma in realtà - nella logica appartata ed eccentrica delle tragedie comiche -, necessari e vitali. C'è una figlia segreta che chiede di essere riconosciuta, c'è un padre che inventa un sistema per fermare il tempo e uno che chiede perdono non si sa bene di che cosa, ci sono molti padri di padri e pochi padri di figli, e poi c'è Parapini, uno strano vecchio che riassume in sè tutto il falso mistero della storia. Il nuovo romanzo di Canobbio racconta il grande e multiforme mito della ricerca del padre. Ce ne dice la continua necessità e l'attuale impraticabilità, immersi come siamo nella paccottiglia esistenziale che ci vendono, e che rivendichiamo.
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