Fiabe ebraiche
'Pa'am Achat': 'Una volta'. Cosí, il piú delle volte, cominciano le fiabe ebraiche. La formula è usuale, persino scontata. Se non che né prima né dopo quell''una volta' c'è modo di trovare il verbo, un qualsivoglia attestato di esistenza nel tempo. Da quelle due parole in poi, la fiaba ebraica si dipana sospesa in un tempo che non è dato immaginare, libera dai confini d'ogni concepibile realtà, dove si nutre ogni illusione fuorché quella di collocare la storia in qualche 'dove' o 'quando'. Respirano da sempre la Diaspora, ch'è esilio e dispersione al tempo stesso, oltre che ascolto di lingue e atmosfere diverse: le fiabe risentono indubbiamente di ciò che hanno intorno, si tratti di arabeschi profumati d'oriente o litanie della fredda Europa continentale, ma anche di Roma antica o Costantinopoli dai fasti cosmopoliti. Spesso le fiabe ebraiche partono da un versetto biblico o vi arrivano. Altre volte, la Bibbia è negli echi, nei rimandi che il lettore attento o l'ascoltatore devoto sono in grado di cogliere. Ironia, a tratti verace umorismo, sommessa distanza dalla realtà, profonda saggezza e inguaribile pazienza sono le virtú delle fiabe ebraiche - siano esse echi di adagi biblici o rifacimenti di motivi stranieri. In un caso o nell'altro, il filo conduttore del racconto, l'atmosfera che si respira, hanno inequivocabile la connotazione d'Israele.
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