Antigone
Era il 1804 quando Friedrich Holderlin pubblicò la sua traduzione dell'"Antigone" di Sofocle. In questo tempestoso periodo, immediatamente precedente alla follia dello scrittore, testimonianze di profonda confusione mentale si alternano alla nascita di alcuni capolavori. Davanti a dati tanto contrastanti, la critica si è trovata divisa. Inizialmente l'accoglienza oscillò fra lo scherno e la pietà; basata su edizioni difettose, piena di errori oltre che di refusi, l'interpretazione di Holderlin suscitò le risa di lettori come Goethe e Schiller. Ma in seguito nello spasimo diu un tedesco straziato fino al punto di rottura, altri (da Walter Benjamin a Martin Heidegger) scorsero quella stessa ricerca di "oscurità radiosa" presente in tutta l'opera del poeta. Tra questi ultimi si colloca George Steiner. Dopo aver esaminato la tragedia di Sofocle in studi ormai clasici come "Dopo Babele" e "Antigoni", egli ritorna ora sull'argomento con un saggio appositamente elaborato per l'edizione trilingue. A completare il volume, nel commento offerto da Roberto Fertonani, sta una versione con originale a fronte dell'Antigone di Bertold brecht, ovvero un testo che, composto sulla base della versione di Holderlin, suona come un ennesimo atto d'omaggio a quell'impervio, estremo, "monstrum" linguistico.
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