Miti e leggende del nord
Con 'Miti e leggende del Nord' (1927) Vilhelm Gronbech, l'eclettico e prolifico autore danese vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, visceralmente legato alle sue terre d'origine, si propone di raccogliere e narrare in lingua moderna, ma secondo lo spirito dell'età leggendaria, la maggior parte dei miti e delle saghe dell'antica letteratura norrena. Il volume, articolato in due sezioni principali, si apre con la narrazione della genesi del mondo e prosegue con l'apparizione di tutti gli dèi dell'Olimpo vichingo (da Odino a Tor, a Tyr...) e la narrazione dei miti che li vedono protagonisti: dalle battaglie di Tor contro i Giganti alla lotta di Asi e Vani; dalla scommessa di Loki con i nani al rapimento della dea Idun; dal furto dell'idromele al rapimento di Balder e al conturbante racconto del tramonto degli dèi. Dopo l'intermezzo costituito dal capitolo "Cristo e le antiche divinità ", che ricostruisce il drammatico passaggio, occorso intorno all'anno 1000, dalla religione pagana a quella cristiana, Gronbech ripercorre le cosiddette "saghe di famiglia", ove ritroviamo le più celebri leggende islandesi e norvegesi, come quella di Vatnsdal o quella dei Volsunghi, la storia di Amleto, la leggenda della spada Tyrfing, la lotta di Beowulf con il drago.Per Gronbech, teologo, filosofo, storico delle religioni, una delle figure più complesse e originali della storia danese del Novecento, l'epos e il mito costituiscono, oltre che un fatto storico-culturale da interpretare filologicamente, un documento "psicologico" che va attraversato mimeticamente. Al centro della sua riflessione sulla modernità sta la critica del dualismo di spirito e materia, anima e corpo, cuore e ragione, incompiutezza terrena e perfezione celeste: un dualismo che provoca nella moderna cultura europea una sorta di imputazione della realtà . E' il contrario di quanto accade all'interno delle culture primitive, in particolare vichinghe e germaniche, dominate da una sorte di realismo della totalità [...]
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