Le scritture ultime. Ideologia della morte e strategie dello scrivere nella tradizione occidentale
Una storia che corre tra le testimonianze figurative dei morti in Occidente, attraverso l'esame delle pratiche scrittorie e di quanto è stato prodotto per ricordare in modo pubblico i defunti nelle civiltà mediterranee, in Europa, nell'America settentrionale. Un racconto che segue un itinerario di millenni, a partire dalla preistoria, e procede tra geografie e vicende svariatissime avendo come protagonisti epigrafi, sculture, monumenti, iscrizioni, graffiti, ma anche quello che è stato messo in atto, via via, per riprendere e sottolineare nel tempo il bisogno di indicare e testimoniare la presenza dei morti. Lo aveva anticipato Viollet-Le-Duc, sintetizzando al massimo: "è possibile comprendere la storia dell'umanità attraverso l'esame delle tombe". E' questo il filo rosso del libro di Petrucci. Storia non già della morte, ma dei morti, di uomini per i quali altri uomini hanno elaborato e scritto il ricordo. Di conseguenza storia di quella che è stata chiamata "politica della morte", le figure e le regole con cui ogni gruppo sociale vuole che sia riconosciuto e fatto valere nel tempo quanto gli appare caratterizzare meglio i propri tratti specifici, le strutture e gli orientamenti. Petrucci tesse il suo racconto, procedendo fra disuguaglianze e discontinuità, indagando su chi di strategia di identità è stato autore o protagonista, sul come svariate "politiche" si sono alternate nel tempo, chi hanno coinvolto, quale spazio hanno occupato e quale peso hanno avuto entro le culture scritte della tradizione occidentale. Accanto a questi aspetti, che possiamo definire di organizzazione collettiva, i personaggi, i protagonisti della storia. Intanto chi progetta i modi dello scritto in memoria, ne fornisce i formulari e i modelli, guida le esecuzioni formali, fonda tradizioni formali e figurative sempre più vincolanti: - per il sacerdote, il politico, l'intellettuale,- una figura decisiva quanto dai tratti incerti.
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