Alchimia e kabbalah
Argento, oro, mercurio, sole e luna, tif'eret e din, versetti della Bibbia, passi dello Zohar, tentativi di produrre l'argento per mezzo dell'arsenico, fuoco e acqua e molti altri insoliti ingredienti che lungo i secoli si sono venuti congiungendo in un amalgama ormai quasi indefinibile. Scholem tenta in questo saggio di fare chiarezza nell'intrico di materiali culturali legati all'alchimia e alla kabbalah, tracciando itinerari, segnalando connessioni, influssi e i molti, seducenti equivoci. E' il lavoro dello storico, del filologo. Eppure la ridda di materiali, così rioridinata, non sbiadisce, anzi, i colori risultano più brillanti, più accentuata la tensione tra le parti che compongono l'affresco. Nella discrepanza tra le affermazioni di generazioni di esoterismi cristiani - circa il ruolo degli ebrei e le loro concezioni mistiche nelle dicipline occulte - e quanto provano i testi, vengono alla luce insospettati spazi dove le diverse costellazioni culturali si incontrano. Dall'intreccio di effettive conoscenze, malintesi e fervida immaginazione scaturiscono raffigurazioni affascinanti per fantasia e senso estetico. Ne è brillante esempio il misterioso testo,l'Esh Metzaref, quasi il perno intorno a cui ruota questo studio di Scholem, punto di arrivo di una tradizione alchimistica ebraica e punto di partenza per speculazioni esoteriche di ambienti cristiani, che alla fine di una penetrante e ramificata analisi pare lecito attribuire a "un ebreo italiano colto" vissuto tra il XVI e il XVII secolo. E sono certo, oltre ai testi, uomini in carne ed ossa gli eroi di questo saggio, come Mordechaj de Nelle, vissuto alle corti di Augusto di Sassonia e di Rodolfo II, o il figlio di Leone Modena, Mordechaj, che per l'alchimia rovinò la propria esistenza, e ancora il bibliofilo e alchimista marocchino Amsellem e l'inquietane Doctor Falk di Londra e molti altri. Scholem, oltre che grande studioso, è un avvincente narratore.
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