Il terzo suono
Alla fine di una lunga estate sarda, uno sparo, un flacone di dopobarba svuotato sul cadavere, l'offesa del fuoco che comincia sul viso. Così la vita in apparenza fatua di un gruppo di villeggianti trova inquietudini esplicite; mentre quella del malinconico funzionario di polizia a cui è affidato il caso viene messa alla prova. Sua figlia è amica del principale indiziato: lo scapestrato nipote dell'ucciso. E l'indagine diventa quindi occasione per una presa di coscienza del rapporto tra padre e figlia; rapporto sfuggente, che sembra quasi non esistere, ma in realtà fortissimo.Con questo romanzo Mannuzzu ralizza una sorta di sintesi dei suoi libri precedenti: i meccanismi gialli di Procedura, gli ambienti e personaggi di Un morso di formica, ripresi come variante nerrativa, le analisi psicologiche della Figlia perduta, le frantumazioni della verità e le reticenze delle Ceneri del Montiferro. Una sintesi che potenzia e intensifica il peculiare discorso di questo scrittore sulla corrosione (corruzione) delle cose e dei sentimenti ad opera del tempo; sui sedimenti del tempo, sempre più dolorosi e di significato più ambiguo, più opaco.Ma, pur conservando il suo consueto sguardo obliquo sulla realtà, nel Terzo suono Mannuzzu sembra offrirci per la prima volta un protagonista, un fuoco centrale del racconto. Ed è un personaggio affascinate: maldestro investigatore e non meno maldestro padre, "pesce lesso" secondo i suoi colleghi, meteoropatico a suo modo (di malumore col sole, sta meglio con le nuvole e il vento), ossessionato dai sensi di colpa e dalla presenza - in qualche parte, forse qui e ora - dell'inferno. Tagliato fuori dalle decisioni inizili e finali, capita negli eventi a metà strada, quel tanto che basta per provarne fastidio e imbarazzo. Ma è dotato di una sua logica procedurale ed esistenziale, coerente e stoica, che lo conduce a frsi amare, se non dalla figlia, da chi ne legge la possibile storia.
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