La stanza di Van Gogh
L'opera di un genio come Van Gogh ci può far sentire più piccoli, ci può schiacciare in una normalità umiliante, lasciandoci senza parole, allibiti: ma cosa succederebbe se ci trovassimo dentro quell'opera, se fossimo chiamati ad osservare con occhi non miopi gli oggetti che il Suo sguardo ha reso immortali? E' l'impresa titanica che Stanley Elkin assegna a un mediocre professore di Indianapolis, precipitato ad Arles grazie alla borsa di studio di una Fondazione. Miller viene fatto alloggiare proprio nella stanza che Van Gogh abitava nella famosa casetta gialla. Qui scopre, con un'assenza di stupore tra il surreale e l'onirico, che tutto è rimasto come il pittore l'aveva raffigurato nei suoi quadri: la sedia di paglia, il letto massiccio, il tavolino con gli oggetti da toilette. Anche all'esterno della stanza ciò che Van Gogh aveva scelto come soggetto è sopravvissuto, persino gli esseri umani(il dottor Félix Rey, il postino Roulin, l'arlésienne Madame Ginoux, lo zuavo) hanno impresso nei loro discendenti un'immagine immutabile, quasi una maledizione erditaria. Prigioniero del fantasma del genio, Miller non può che soccombere.L'altro racconto che presentiamo, Il tempismo di Claire, mette in scena una paralisi differente, questa volta fisica, concreta. Jack Schiff, professore di geografia politica, sta perdendo progressivamente l'uso degli arti e circola per la casa con sedia a rotelle, deambulatore e saliscendi automatico. Abbandonato dalla moglie alla vigilia del party annuale dei laureandi, costretto dagli studenti a mantenere comunque l'impegno festaiolo, Schiff deve affidarsi a una costosissima impresa di soccorso a domicilio che serve a rialzarlo quando cade a terra, ma non a rincuorarlo. Il tema della caduta, senza escludere le connotazioni bibliche, è il fuoco da cui si diramano le linee stravolte e deliranti dei ragionamenti di Schiff, componendo alla fine una prospettiva in cui i luoghi comuni (prima di tutto quelli sugli handicappati), le maschere [...]
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